Negli ultimi giorni si sta vociferando di alcuni cambiamenti relativi allo smart working.
Si tratta di cambiamenti minimi o più consistenti? Avranno ripercussioni solo sulle aziende o sui dipendenti?
Infatti il 31 marzo 2022 finirà lo Stato di emergenza legato alla pandemia, una misura eccezionale introdotta il 31 gennaio 2020. Il premier Draghi ha dichiarato ufficialmente il 23 febbraio 2022 che «lo stato d’emergenza non sarà prorogato oltre il 31 marzo» e che l’intenzione del governo «è riaprire del tutto, al più presto».
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Ma cosa succede con la fine dello Stato di emergenza? I principali cambiamenti riguardano il lavoro, in particolar modo lo smart working. Vediamo le possibilità nel dettaglio.
Il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti dichiara: “Lo stato di emergenza è eccezionale, un’ulteriore proroga richiederebbe una situazione eccezionalissima che francamente non vedo. Non ci sono né le condizioni sanitarie né costituzionali per una ipotesi di questo genere”.
Quando si parla di Stato di emergenza?
Prima di vedere le novità è bene ricordare cosa significa Stato di emergenza. Si tratta di una misura straordinaria che viene deliberata dal Consiglio dei ministri su proposta del Premier e d’intesa con i governatori e i presidenti delle Province autonome interessate. In genere viene disposto al verificarsi di eventi eccezionali, come terremoti o alluvioni. Dopo quindi 2 anni di lavoro da casa, finalmente o per sfortuna si ritornerà al lavoro interamente in ufficio.
Smart working, cosa cambierà dal 1 aprile 2022
Dal 1 aprile finirà lo Stato d'emergenza e di conseguenza cambieranno le cose anche in ottica smart working, al quale ora si può accedere con la modalità semplificata. In assenza della proroga, invece, si torna allo scenario pre-pandemico, ossia all’accordo individuale tra azienda e singolo dipendente e con notifica telematica e massiva al ministero del lavoro.
Invece dal 1 aprile i lavoratori dovranno negoziare per legge degli accordi individuali sullo smart working, strumento che interesserà tra i 5 e gli 8 milioni di persone. Lo stato d’emergenza consente infatti, sia ai dipendenti pubblici sia a quelli privati, di ricorrere al lavoro da remoto derogando ad accordi sindacali o individuali con l’azienda.
Tornare alla situazione ordinaria significa quindi la fine dello smart working «semplificato». Anche per questo molte aziende stanno optando per la stipula di accordi con i sindacati.
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